Cinema e Alzheimer, quando ricordare vuol dire ricordarsi

Cinema e Alzheimer, quando ricordare vuol dire ricordarsi

Al via la nuova rassegna della Cineteca di Bologna

cinema e Alzheimer

Lunedì 15 Aprile 2019 alle ore 15.00 presso la Cineteca di Bologna ha avuto luogo il primo appuntamento di una rassegna cinematografica a cadenza mensile pensata per i malati di Alzheimer e demenza e i loro caregiver.

È stato il docente universitario Massimo Tarozzi a lanciare l’iniziativa, accolta dalla Cineteca di Bologna, che già in passato aveva manifestato una grande sensibilità riguardo il tema delle malattie neurologiche, in collaborazione con l’ “Area Welfare e Promozione del Benessere della Comunità” del comune di Bologna e i caffè Alzheimer del progetto “Teniamoci per mano” di Asp città di Bologna.

Il primo appuntamento

Ad inaugurare la rassegna è stata la celeberrima commedia “Totò cerca casa” diretta dai due grandi registi, allora esordienti, Mario Monicelli e Steno e proveniente da CSC- Cinteca nazionale.
La visione del film è stata brevemente introdotta dal produttore e direttore della Cineteca Gian Luca Farinelli, che ha sottolineato il suo grande entusiasmo e l’orgoglio per la riuscita di un esperimento originatosi da una neonata collaborazione e apprezzato sopra ogni aspettativa.
La sala Cervi era popolata da volti anziani dagli sguardi interrogativi, affiancati da quelli dei giovani che hanno saputo cogliere l’occasione di gustare sul maxi schermo uno dei capisaldi della commedia italiana.
I giovani professionisti dell’equipe del “123…caffè” hanno chiesto ai presenti di indicare il loro stato d’animo tramite un semplice gioco definito il “termometro dell’umore”, utilizzando palette di legno raffiguranti differenti emoticon. Il gioco è stato ripetuto dopo la conclusione del film, quando un notevole innalzamento del “tasso di felicità” aveva inebriato la sala.
Per l’occasione sono stati adottati utili espedienti al fine di inibire la dispersione dell’attenzione, come le luci soffuse e un lungo intervallo che ha scandito in due tempi il breve film, permettendo ai presenti di raccogliere la concentrazione tra un sorso di tè al bergamotto e un vorace morso ad uno degli squisiti biscottini gentilmente offerti dal forno Brisa.
Anche la scelta del film si è rivelata azzeccatissima, comprovata dalle risate che hanno invaso la sala lasciando ben poco spazio alla noia, al punto che, nonostante l’irrequietezza che solitamente accompagna tutte le forme di demenza, quasi nessuno ha insistito per lasciare la sala prima del tempo.

Il cinema e la terapia del ricordo

I’m still here but yet I’m gone, sono qui eppure me ne sono già andato. Recita così l’ultima struggente canzone di Glenn Campbell, multiforme artista statunitense che visse sulla propria pelle il dramma del morbo di Alzheimer, malattia subdola e sempre più diffusa, per la quale non è ancora stata trovata una cura farmacologica. A poco a poco la memoria si riduce, i ricordi sbiadiscono, lasciando spazio a nebulose sfuocate i cui contorni evanescenti le rendono sconnesse le une dalle altre. Il passato si dissolve e con esso anche il precario equilibrio esistenziale di ogni individuo, la nostra coscienza.

Che l’arte abbia un effetto terapeutico è cosa ben nota da tempi immemori, eppure non ci si pensa quasi mai.  L’arte è motore di emozioni, e il cuore, malgrado le comuni convinzioni, può rivelarsi un fedele magazzino di ricordi. Cognizione ed emozione sono facce inscindibili della stessa medaglia, entrambe indispensabili per l’esistenza umana: l’una ci fa comprendere il mondo, l’altra gli assegna un valore.

E allora, perché non tentare di afferrare il passato tramite l’emozione? Perché non sfruttare il potere dell’arte? E soprattutto, come coinvolgere nell’esperienza artistica un individuo dalla coscienza frammentata, per il quale è complicato percepire consciamente se stesso e la realtà che lo circonda?

 Difficile rispondere a quest’ultimo quesito, eppure, guardando gli occhi vispi dei vecchietti spensierati che dopo il film abbandonavano la Sala Cervi tra commenti e risolini, pare che il cinema abbia sortito qualche effetto.
Totò cerca casa”, forse il più riuscito dell’attore napoletano, è un film pieno di suggestioni e di ricordi. La formidabile ed irresistibile vis comica del protagonista, che riesce a tenere sempre alto il termometro dell’umore, si staglia sullo scenario dell’Italia a cavallo tra gli anni 40 e 50, con tutte le sue contraddizioni e i suoi problemi, primo fra tutti la ricerca di un alloggio in seguito ai bombardamenti. Un pezzetto della storia italiana di cui ognuno dovrebbe mantenere viva la memoria, perché conoscere il passato significa anche analizzare con lucidità il presente, significa anche conoscere se stessi.
E allora cerchiamo di fare tesoro delle esperienze passate e sfruttiamo la grande opportunità che il cinema ci offre di ricordare e ricordarci. E anche laddove la memoria pare così compromessa da far sembrare vano ogni tentativo di rispolverare qualche ricordo, non sottovalutiamo il potere di una bell’emozione. Possiamo dimenticare chi siamo, il nostro nome, i colori che hanno dato identità al dipinto della nostra vita, ma lacrime di gioia solcheranno sempre i nostri volti davanti alla viscerale comicità dello sventurato Totò che cerca casa.

La redazione – Claudia Granatelli