Il carattere inquieto dell’arte bolognese, da secoli contesa tra “natura ed espressione”, si conferma negli sviluppi novecenteschi dell’Ultimo Naturalismo e dell’Informale, perdurando anche negli anni successivi. Tuttavia, le aperture dei confini geografici e culturali nel secondo Dopoguerra e le conseguenti progressioni stilistiche inducono alcuni artisti a invertire la rotta e a raccogliere un’eredità estranea alle irrequietezze del materismo: il lascito delle avanguardie neoplasticiste e costruttiviste, fondato sulla geometria e sul calcolo. Questa mostra presenta un periodo preciso dell’attività di quattro artisti, Giovanni Korompay, Antonio Mazzotti, Mario Nanni e Ivo Tartarini i quali, in fasi avanzate dei loro percorsi, hanno avvertito l’esigenza di confrontarsi con il geometrismo concretista per proporre un modello alternativo al naturalismo inquieto che, ancora negli anni Sessanta e Settanta, condizionava la vita culturale della città. Quattro percorsi individuali, quasi quaranta opere per raccontare un aspetto meno noto della pittura bolognese: la capacità di coniugare rigore e vitalità, di animare le geometrie dei concretismi storici spostando l’asse dei loro equilibri.
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