La porta sul sogno. Dimensione borderline e sociopatia nel campo archetipico (2023) – Recensione

La porta sul sogno. Dimensione borderline e sociopatia nel campo archetipico (2023) – Recensione

Il testo esplora il mondo della persona con disturbo di tipo borderline, attento a coniugare i piani teorici con quelli più operativi.

Copertina la porta sul sogno

Il disturbo borderline in terapia

Il disturbo di personalità borderline è stato a lungo studiato e trattato da autori di prospettive diverse, che hanno più compiutamente dato una collocazione chiara a qualcosa che sta per definizione su una linea di confine.

Sebbene i diversi contributi abbiano il merito di aver fornito un importante modello al quale fare riferimento, chi fa esperienza dell’incontro con un paziente con disturbo di personalità borderline scopre l’enorme complessità della specifica storia, della specifica famiglia, dello specifico individuo. Scopre quanto siano forti gli opposti, le ambivalenze, quanto veloce sia il cambio di affettività. Dove avevamo lasciato una persona con un atteggiamento da maestro zen, la settimana successiva troviamo un arrogante picchiatore e quella seguente un bimbo disorientato e spaventato da un mondo troppo cattivo.

“La porta sul sogno” di Valentina Salvini

Tra i diversi contributi che gettano un po’ più di luce su tale complessità, c’è “La porta sul sogno. Dimensione borderline e sociopatia nel campo archetipico di Valentina Salvini, che vede la prefazione di Massimiliano Scarpelli.

L’autrice è un’analista junghiana che si interessa di devianza, delle patologie di personalità ad essa correlate più di frequente e dell’uso dei sogni in terapia. In questo testo esplora e specula creativamente proprio sul mondo della persona con disturbo di tipo borderline, a mio avviso in modo molto efficace, perché attento a coniugare i piani teorici con quelli più operativi.

Il testo si articola in due parti. Le prime pagine sono dedicate ad un’attenta analisi del disturbo di personalità borderline, densa di riferimenti interdisciplinari come da tradizione analitica e comunque sempre connessa alle vicende personali dei pazienti che Salvini ha incontrato nel corso degli anni. E sono proprio le loro storie ad avere un posto da protagonista nella seconda parte del libro, dove è ancora più evidente l’uso che l’Autrice fa del sogno, del controtransfert e della relazione. Aspetti che si notano bene anche a partire dai molti e puntuali virgolettati che riportano le conversazioni tra terapeuta e paziente.

Ma una delle cose più interessanti che emerge dalla lettura del libro, che può sicuramente risuonare nel lettore appassionato, è il continuo mettersi in gioco dell’Autrice. Perché Salvini parla dei suoi analizzandi, cita autori di scuole diverse, ci dice della famiglia tipo del borderline, senza mai distogliere lo sguardo da sé. Racconta i sogni dei pazienti, ma narra anche dei suoi, osserva la postura della persona che ha di fronte, ma riflette anche su quella che assume lei, ci racconta delle immagini che porta con sé nello spazio tra una seduta e un’altra, del suo turbamento evocato da quel paziente, dell’uso che ne fa e di come possa essere foriero di svolte terapeutiche.

Un mondo tradotto in parole

Pur entro un linguaggio piuttosto caratterizzato dalla prospettiva junghiana che fa pensare ad un pubblico di addetti ai lavori quale target privilegiato del testo, l’Autrice porta il lettore nell’interessante territorio della clinica del paziente borderline, con uno stile narrativo a tratti solenne e poetico, quasi al punto di riuscire a cogliere la complessità di quel mondo emotivo che è così difficile da tradurre in parole. In un saggio che ha il sapore di narrativa, Salvini mostra un modo autentico, creativo e vivo di essere-in-terapia, che proprio per questo può interessare i terapeuti di orientamenti teorici diversi. 

Di Andrea Cappabianca