Io volevo fare l’attore – che grande mistero. Un ragazzo di undici anni, nato allo scoppio della seconda guerra mondiale, da una famiglia poverissima, priva di qualsiasi cosa, figuriamoci i libri, che attraversa, come un animaletto impaurito, quegli orribili anni, con negli orecchi l’urlo delle sirene e gli scoppi delle bombe, con negli occhi la terribile e gelida luce dei “bengala”, fuochi artificiali forieri di morte, con ripari di fortuna nei fossi e nei “rifugi” più o meno improvvisati, anche di notte, con risvegli da incubo. Che sopravvive a tutto questo per trovarsi subito dopo imprigionato in un collegio, con le stoviglie di latta e le porzioni ridotte; ancora una volta senza nulla, se non le piccole cose alimentari che mia madre mi portava nelle visite settimanali, e che i più svelti dei miei compagni più grandi mi sottraevano. Ebbene, questo piccolo animaletto, grufolante, si incanta davanti a un’enorme libreria, nera. La elegge suo padre e sua madre e si fa raccontare da lei tutte le storie che gli hanno sottratto fin lì.
Dentro quei libri quel bambino scopre il mondo, che ci sono gli altri, che ci sono i sentimenti, che ci sono il pianto e il riso e soprattutto che ci sono i poeti…
Io volevo fare l’attore
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