«Quando non avevamo più carta per le lettere, strappavo le pagine più noiose e con un coltellino seghettato grattavo via le parole vecchie. Era carta spessa, si poteva fare. Poi, sopra, ci mettevo le mie. Ci scrivevo su la mia voglia di futuro, di rivedere il mio amore. Di sapere a chi somigliasse mio figlio Giancarlo».
La vita di Domenico viene stravolta due volte: la prima quando dall’amore tra lui e la moglie Lina nasce Giancarlo; la seconda quando – alle soglie del Secondo conflitto mondiale, chiamato a combattere – si ritrova prima in Albania e poi tra gli innumerevoli internati militari italiani (imi) nei campi di prigionia.
Costretto ai lavori forzati sotto l’occhio attento delle ss, nei suoi diari annota gli interminabili e faticosi giorni all’interno del lager di Sandbostel. Appesantito dalle catene della fame e dello sfinimento, attanagliato dalla paura di non uscirne vivo e circondato dalla morte che dilaga, ha come unica via di fuga il ricordo della vita prima della guerra. La battaglia si rivela infatti essere anche interiore: condannato dalle scelte di altri uomini a pagare sulla sua pelle le conseguenze del potere, si tiene ancorato al sentimento di amore che prova per i suoi cari nel tentativo di salvare la sua integrità fisica e morale.
In questo romanzo è raccolta la vera storia di un soldato italiano sul fronte orientale. Una narrazione dal linguaggio immediato che riesce a far trasparire la durezza delle condizioni in cui molti italiani si sono ritrovati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. In una guerra in cui non ci sono stati né vincitori né vinti, bensì solo perdite su tutti i fronti, la vera storia di Domenico, ricostruita a partire dai suoi diari, ci offre una testimonianza di coraggio e di speranza, sentimenti che hanno tenuto viva in lui la convinzione di farcela, anche quando tutto sembrava perso e quando la possibilità di tornare a casa era divenuta una remota fantasia.
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