Sognare in lockdown. Tutto ciò che c’è da sapere su inconscio e pandemia
Intervista alle dottoresse Valentina Bottiglieri, Silvia Gambato, Elisabetta Perrone, Milena Poletto, Valentina Alice Tomaselli autrici del libro “L’Emergenza del Sogno. Viaggi onirici al tempo del Covid-19”
In occasione della recente pubblicazione (Persiani Editore, Collana Temenos) della loro ricerca empirica sull’esperienza onirica collettiva ai tempi del Covid-19, le cinque psicoterapeute psicodinamiche sono invitate a rispondere ad alcune domande con l’intento di raccontarci da dove nasce l’idea di studiare il tema del sogno nella precisa condizione sociale e storica in cui ci troviamo, un momento di estrema emergenza da non sottovalutare anche a livello inconscio.
L’analisi effettuata inizia durante il primo lockdown di marzo 2020, quando all’improvviso ci ritroviamo forzatamente distanziati l’uno con l’altro, diventiamo sempre più impauriti dal contatto esterno e dalla minaccia del contagio, restiamo isolati il più possibile e intrappolati nella stessa routine quotidiana. Le studiose si interrogano su come il momento storico impatti nella produzione onirica, presentando dinamiche, scene, personaggi e tematiche comuni.
Nasce così L’Emergenza del Sogno. Viaggi onirici al tempo del Covid-19, uno studio in ambito psicologico che descrive il movimento collettivo della psiche a partire dai sogni e dalle loro immagini archetipiche ricche di valore e significato profondo, al fine di comprendere come l’inconscio ha reagito ad una nuova condizione esterna e interna mai vissuta prima.
Dunque si tratta con molta probabilità di un’indagine senza precedenti e per questo è da considerare stimolo di grande interesse per chi, in futuro, vorrà continuare ad approfondire il misterioso lato oscuro della psiche umana quando si trova improvvisamente di fronte a qualcosa di spaventoso, difficile da gestire e combattere, come una pandemia globale.
1)L’Emergenza del Sogno. Viaggi onirici al tempo del Covid-19 è la vostra prima ricerca insieme? Da dove è nata l’esigenza di voler approfondire lo studio dell’esperienza onirica collettiva nella condizione specifica causata e imposta dalla pandemia Covid-19?
L’emergenza del sogno rappresenta la prima ricerca che abbiamo tradotto in una forma differente, uno scritto, un testo attraverso il quale voler raggiungere tutti, età diverse, città diverse, persone di diversa provenienza culturale, educativa e lavorativa.
Durante i primi giorni di Lockdown abbiamo avuto la sensazione che quelle finestre di riflessione, che il nostro lavoro apriva attraverso lo sguardo che ci dona l’altro sulla realtà e a cui eravamo abituate si chiudessero improvvisamente. Il non poter concretamente incontrare l’altro in un luogo reale, in uno spazio fisico, ci ha spinte a cercare uno spazio di possibilità: la dimensione del sogno.
Da questa forte esigenza è nata l’idea di condividere immagini altre rispetto a quelle che la realtà pandemica offriva. Abbiamo attinto all’unico luogo del sé, il sogno, che sentivamo potesse muoversi senza possibilità che si infettasse, anche se, come il corpo, la psiche non è esule da infezioni.
Confrontandoci ci siamo rese conto che i nostri sogni stavano avendo una qualità particolare, con una maggior nitidezza delle immagini e della narrazione. Abbiamo condiviso la sensazione che i nostri inconsci si stessero muovendo più del solito, quasi beffandosi della nostra immobilità forzata diurna. Questa nostra sensazione è stata confermata dal confronto con i nostri pazienti, che riportavano una più densa e complessa produzione onirica, ma anche nei racconti di sogni che parenti e amici ci hanno restituito.
La scelta di approfondire l’esperienza onirica collettiva durante il lockdown nasce quindi da una nostra necessità personale, se guardata oggi a posteriori. Una necessità di cura e nutrimento dell’area psichica che all’esterno non riusciva a farsi spazio, essendo la comunità impegnata nella fase di luna di miele tipica del periodo di emergenza in cui domina l’ottimismo e l’illusione che tutto tornerà come prima. Se fuori dominavano gli slogan dell’ “andrà tutto bene”, su linde lenzuola appese alle finestre, dentro di noi l’inconscio si stava muovendo più veloce, indicandoci che c’era una grande trasformazione in atto, di portata archetipica. Sono nate domande su cosa succedesse nel nostro inconscio, a livello individuale e soprattutto nella dimensione collettiva. Abbiamo così pensato di chiedere a chi ci era vicino di raccontarci i propri sogni e pian piano tale richiesta è stata estesa a pazienti, amici, amici di amici.
Abbiamo scoperto che le domande dentro di noi erano tante rispetto a questo luogo reale seppur non concreto e su come venisse occupato da un evento così pervasivo come il Covid.
2) Il sogno per la psiche è spesso il campanello d’allarme di una condizione difficile da accettare, gestire e vivere. Tuttavia, in condizioni di limitata libertà, è anche un luogo dove poter esprimere se stessi dando spazio a desideri, vissuti e pensieri.
Il termine emergenza, dunque, non è certamente casuale. Ci spiegate il motivo?
Emergenza è stata sicuramente una delle parole più utilizzate durante il periodo di lockdown del 2020. Il senso era quello di un improvviso pericolo per la nostra vita, una imprevedibile minaccia di morte particolarmente critica che spezzava la continuità del nostro fluire quotidiano. Abbiamo così pensato di accogliere, approfondire e decifrare il valore positivo dell’emergere del sogno come possibilità salvifica e rivivificante e, allo stesso tempo, emergenza del sognare quale necessità non differibile.
Da un punto di vista immaginativo la parola emergenza è simile al lampo che squarcia il cielo, che irrompe all’improvviso nelle narrazioni quotidiane e avvisa che qualcosa sta cambiando. La luce viaggia ad una velocità più rapida del suono, quindi l’emergenza dirompe nella scena in maniera spiazzante, sensazionale e solo poco dopo segue il rumore frastornante del tuono che porta con sé una elaborazione spesso confusa di parole ed emozioni che potrebbero aggiungere un significato alla parola emergenza. Il sogno è un teatro a cielo aperto in cui l’inconscio elabora, traveste, esprime non solo nuclei meno funzionali, rigidi o allarmanti ma si fa carico anche della grande forza riparatrice e creativa individuale e collettiva. Il sogno, dunque, esprime anche la dimensione della progettualità. Per questo ritenevamo importante, in una cornice così critica, trovare uno spazio simbolico che potesse raccontare l’evento reale con altre narrazioni e nuove lenti attraverso cui guardare le traiettorie della pandemia.
3) Il vostro studio è basato sull’analisi di 216 sogni di 75 soggetti di età, genere e provenienza geografica diversi. Avete seguito un preciso modus operandi di ricerca? Quale è stato il criterio di selezione e catalogazione dei sogni?
Fin dall’inizio l’idea era quella di non focalizzarci su un target di sognatori, volevamo una prospettiva corale del mondo onirico. Abbiamo raccolto 75 differenti sognatori, partendo da chi ci era vicino per arrivare a persone distanti geograficamente connesse con coloro che direttamente erano coinvolte, abbiamo toccato differenti realtà geografiche, sociali ed emotive.
Ci siamo direzionate sulla voglia di ascoltare l’altro senza dimenticarci che ognuno è voce della collettività, di quel nesso sottile ma potente che è l’inconscio collettivo.
Dopo una prima fase in cui i sogni arrivavano sotto forma di scritti, vocali whatsapp, telefonate, mail, sono nate tante altre domande, per esempio su come il mondo onirico dei bambini rispondesse alla pandemia.
I sogni arrivati sono stati tanti, catalogati per età dei sognatori, sesso, professione e provenienza geografica. Abbiamo scelto di individuare in essi i temi ricorrenti e che potessero rappresentare quindi delle dimensioni collettive presenti indipendentemente dai fattori anagrafici e sociodemografici considerati. In quanto psicoterapeute dell’età evolutiva abbiamo pensato fin dall’inizio della nostra ricerca di focalizzarci sull’infanzia, strutturando un capitolo esclusivo su di essa, e nello specifico sulla differenza tra età adulta e infantile nella qualità onirica.
4) Nel libro parlate dei fenomeni sociali, storici, economici, politici che possono influenzare l’attività onirica collettiva e, nel peggiore dei casi, provocare danni psichici facendo riferimento al voyeurismo mediatico. Quanto è importante per l’inconscio di ognuno di noi, l’influsso giornaliero di informazioni, immagini e notizie, provenienti dai mass-media e come si può gestire l’ansia sociale che ne deriva?
Il nostro rapporto con l’informazione è radicalmente cambiato rispetto al passato, e tutt’oggi in continua trasformazione, sollecitato da nuove forme di condivisione tramite media sempre accessibili. Questa presenza è così massiva che alcuni autori hanno cominciato a parlare di inconscio digitale. La rete contiene nostri dati e informazioni di cui noi non siamo a conoscenza, profila le differenti informazioni e determina una particolare dipendenza per cui “l’essere” passa anche dal “poter essere” connessi. Tutto questo è stato portato all’estremo durante la chiusura forzata del lockdown, quando l’unica possibilità di comunicazione al di fuori delle mura domestiche era data da radio, tv, internet e le varie app basate sulla condivisione. Il tema del Covid è stato amplificato dalla sovraesposizione alle informazioni che il nostro cervello, per quantità e velocità nel susseguirsi, non è in grado di processare. Se è vero che l’inconscio personale è collegato ad un substrato ancora più arcaico e profondo, comune a tutti gli individui, e se è altrettanto vero che oggi l’inconscio collettivo ci parla anche tramite la rete, ecco allora che il collettivo ha travalicato l’individuale. Difficile comprendere gli effetti di un cambio di paradigma ancora in atto. Il nostro sguardo si è voluto soffermare sulla tutela al mondo dell’infanzia che non ha gli strumenti (neanche noi adulti spesso li abbiamo) per rielaborare la quantità di narrazioni angoscianti che abbiamo fagocitato durante il lockdown. L’adulto deve divenire garante psichico per il minore. Allo stesso tempo anche gli adulti possono mettere in atto una serie di accorgimenti. Tra le indicazioni che l’OMS ha dato per il sostegno al benessere psicologico durante la pandemia, vi era quella di evitare la sovraesposizione ad informazioni sul Covid-19. Una informazione eccessiva non è elaborabile, inoltre è fonte di stress perché mantiene in attivazione il nostro sistema di arousal (‹‹in neuropsicologia la condizione temporanea del sistema nervoso, in risposta ad uno stimolo di intensità variabile, caratterizzato da un maggiore stato cognitivo di pronta reazione agli stimoli esterni››), determinando livelli eccessivi di rilascio di cortisolo ed un sovraccarico dell’ippocampo e del sistema limbico, quest’ultimo responsabile del processamento emotivo, con conseguenze quali disturbi del sonno, ansia, depressione, difficoltà di attenzione e concentrazione.
5) Un intero capitolo è dedicato all’emergenza del sogno nei bambini, soggetti che hanno subito maggiormente il distacco dalla società, costretti a modalità d’insegnamento a distanza, senza interazioni esterne fondamentali per la loro crescita. Qual è la differenza sostanziale tra il sogno adulto e quello infantile in tempi di Covid?
Nel confronto tra sogni dei piccoli e sogni dei grandi la differenza iniziale che salta all’occhio è quella “formale”. Le narrazioni dei bambini sono sicuramente più brevi e semplici rispetto a quelle adulte. Piccole immagini che restano nella veglia, a volta piacevoli altre volte angoscianti. Il contenuto veicola per lo più gli stessi elementi adulti, quindi desideri non espressi o insoddisfatti durante il giorno, paure non verbalizzabili. Come afferma Jung il bambino è ancora immerso in una potente matrice inconscia archetipica, dato che lo sviluppo della coscienza è ancora in divenire. Questo rende le produzioni oniriche dell’infanzia particolarmente significative e utili per accedere al mondo immaginativo del collettivo, una dimensione in cui coesistono e vengono mantenuti in tensione umano e divino, istanze creative e distruttive, naturale e innaturale.
Per quanto riguarda lo specifico tempo di pandemia, la ricerca ha evidenziato delle differenze nelle caratteristiche dei personaggi presenti nei luoghi onirici dei bambini e degli adulti. I sogni dei bambini sono abitati da personaggi umani che appartengono alla rete di relazioni intime del sognatore (genitori, fratelli, nonni, maestre, compagni), mentre non compaiono personaggi umani estranei, frequentemente correlati nei sogni degli adulti a dinamiche di sospetto, timore dell’altro e del contagio.
Ai personaggi familiari si affiancano quelli fantastici, che troviamo quasi esclusivamente nei sogni infantili, come se i bambini in tempo di pandemia avessero trovato più funzionale muoversi tra figure conosciute e rassicuranti e figure immaginarie spesso connotate negativamente, piuttosto che rapportarsi alla realtà esterna non familiare.
A livello onirico i bambini hanno potuto vivere la possibilità di trasformare le minacce informi in figure fantasmatiche contro cui ingaggiare una lotta eroica, almeno nella prima fase della ricerca.
Per quanto riguarda i temi nei sogni dei bambini si è infatti osservato che quelli più rappresentati nell’intero campione (Covid, distruzione, caduta, blocco e morte) hanno presentato un andamento progressivamente crescente rispetto alla loro comparsa. Nel secondo periodo della ricerca la frequenza di questi temi è aumentata e parallelamente si è assistito alla scomparsa di altri temi rilevanti nel primo periodo quali lotta, gioco, aiuto e fuga. La battuta di arresto di tali tematiche, pur presenti nelle prime rappresentazioni oniriche dei bambini, abbiamo immaginato essere correlata al dilatarsi del tempo di costrizione, senza risposte rassicuranti da parte del mondo adulto. I vissuti di paura e preoccupazione possono essersi amplificati a fronte di sguardi adulti talora deprivati della loro funzione contenitiva e questo può aver inasprito la sensazione di impotenza e pericolo a discapito del moto eroico.
Un elemento affascinante delle immagini oniriche proposte dai bambini è che molte di esse (personaggi fantastici, animali, luoghi…) consentono delle amplificazioni suggestive, aprendo la lettura a significati più ampi che spesso riavvicinano alle radici mitiche dell’inconscio. Non stupisce che siano le narrazioni oniriche dei bambini a renderlo possibile, perché i piccoli sognatori sono più vicini ai bisogni istintivi e percepiscono con più forza le istanze dell’inconscio collettivo.
6) Da un punto di vista psicologico, quanto è vitale per il benessere della nostra attività mentale l’attività onirica?
L’attività onirica è come un caleidoscopio, fornisce la possibilità di osservare gli accadimenti attraverso nuovi scenari, linguaggi ma soprattutto nuove connessioni. Sono proprio queste nuove intuizioni che sono funzionali per il benessere psicologico, perché permettono nel contesto di analisi di utilizzare altre strategie non comuni. Paul Klee sosteneva che l’arte non riproduce ciò che è visibile, l’arte lo rende visibile; allo stesso modo l’attività onirica ha la capacità attraverso immagini archetipiche di fare luce sulle articolate dinamiche complessuali dell’individuo. Dunque, la narrazione onirica è uno degli innumerevoli strumenti di cui il terapeuta si avvale in seduta per conoscere il paziente e per aiutarlo a trovare nuove trame emotive.
7)Esiste un modo pratico per allenare la capacità di ricordare i sogni?
Non c’è una ricetta unica. Sognatori diversi hanno modi diversi per avvicinarsi al sogno. Sicuramente il presupposto deve essere quello di avere voglia di prendersi un tempo e uno spazio per il proprio mondo interno. Per il resto i modi sono tanti: lasciare sul comodino un quaderno e una penna, allenarsi nello scrivere appena svegli ciò che si ricorda, prendersi una pausa al risveglio, mentre si è a letto, senza alzarsi immediatamente, ma iniziando la giornata riflettendo sull’attività notturna, raccontare a chi ci è vicino ciò che ricordiamo del sogno, che può essere inizialmente anche solo una immagine o una frase. È vero poi che il sogno sceglie da solo la sua via per palesarsi alla coscienza. L’emergenza del sogno in pandemia ci ha dimostrato che anche persone che dichiaravano di non ricordare quasi mai i loro sogni avessero iniziato inaspettati viaggi onirici durante le notti di lockdown per il Covid-19.
8) Qual è l’atteggiamento mentale da assumere quando viviamo un momento più tormentato dal punto vista della nostra attività onirica, sogni (o incubi) che si ripetono e condizionano le attività quotidiane? È possibile pilotare, orientare o addirittura scegliere di sognare o non sognare qualcosa? Consigli delle esperte studiose …
Il sogno è un movimento libero che si affranca da ogni possibilità di incasellamento. Il sogno riesce a sovrapporre piani e spazi temporali, ha la capacità di sintetizzare il passato con il futuro, di invertire totalmente le regole che il Logos impone nella quotidianità. È forse davvero un porto sicuro nonostante ci sia una tempesta in atto, uno spazio neutro che non giudica, non indica necessariamente delle strade, ma suggerisce immagini che possono essere interpretate e che a volte hanno bisogno di un loro tempo per essere veramente accolte e metabolizzate. Il mondo onirico sembra avere regole inafferrabili legate al fluire delle cose. È una sorgente che produce immagini continue, a volte ripetitive, a volte predittive, a volte oscure, a volte terribili, ma intanto scorrono, in attesa del momento giusto in cui la persona possa accogliere questi significati. Spesso le immagini si incastrano e si ripetono in maniera sistematica, il più delle volte raccontano di vissuti negativi, di inseguimenti, di lotte. Questa ripetitività racchiude la potenza, la resistenza di quei nodi complessuali che non possono emergere nella totale interezza, ma che hanno bisogno di un tempo necessario per poter essere integrati nella coscienza.
L’incontro con il sogno, non è una carta magica risolutrice, non tutte le persone riescono ad entrare facilmente in contatto con il mondo onirico, questo non vuol dire che non siano capaci di sognare, ma che bisogna probabilmente lavorare sulla possibilità di stare, di ascoltare e di accogliere un linguaggio altro dalla comprensione scientifica e concretista.
Non tutti sono in grado di ricordare i loro sogni, o addirittura di guidarli; i sogni sono immersi in territori critici, luoghi di osservazione, di scelta, di decisione, luoghi in cui le consapevolezze spingono ad affiorare attraverso immagini. Si sono sviluppati studi sui sogni lucidi, cioè su esperienze dove il soggetto è consapevole di stare sognando e può controllare la trama del suo sogno. Sembra che a livello cognitivo chi riesce ad avere esperienza di sogno lucido abbia maggiore creatività e competenza metacognitiva. Perché il sogno è un luogo di nutrizione e di sviluppo.
Al di là delle varie ricerche il lavoro onirico è una continua costruzione e ristrutturazione della propria anima, è un atto distruttivo e al contempo prospettico. A volte è necessario abbandonarsi al sogno, alla sua ripetitività seppur dolorosa e difficile. Concedersi alle sue immagini, perché avvicinarsi ai territori del sogno è una spinta ad una lettura alternativa di sé e dell’altro.
Dunque, è importante potersi concedere dei luoghi in cui guardarlo e accoglierlo con l’altro, perché sostare con il sogno è un profondo atto di coraggio che impone una sospensione del tempo, una rilettura continua e l’affidarsi a quella dimensione preziosa e spesso fragile quale è l’intuizione.
Intervista a cura di: Francesca Angela Baldo